Scarlatti - Durante
"Mottetti e dialoghi"
Miserere mei, Deus
Salmo L per 5 voci soliste, coro e basso continuo
DOMENICO SCARLATTI (1685-1757)
Magnificat
per coro a quattro voci miste e basso continuo
Salve Regina
per soprano (1), contralto e basso continuo
Te Deum
per doppio coro a 8 voci e basso continuo
Rosanna Roagna, soprano (1);
Laura Giorcelli, soprano (2);
Renata Colombatto, contralto;
Michele Ravera, tenore
Enrico Masserano, basso.
Marco Allocco, violoncello;
Paola Germano, organo.
CORALE POLIFONICA DI SOMMARIVA BOSCO
CLAUDIO CHIAVAZZA, Direttore
La musica sacra di Francesco Durante e Domenico Scarlatti
Contributo storico-musicologicodi Giovanni Acciai
Non si può certo negare che ogni epoca storica mantenga nei confronti di alcuni musicisti del
passato atteggiamenti discriminanti, avvalorati talvolta da giudizi
superficiali e sbrigativi. Mentre molti compositori dei secoli scorsi
sono stati, in tempi recenti, riscoperti e rivalutati, altri, pur
importanti all’epoca in cui vissero, sono rimasti confinati
in angoli oscuri della storia. È il caso di Francesco Durante
(Frattamaggiore-Aversa, 31 marzo 1684; Napoli, 30 settembre 1755)
la cui vita e opera si configurano in modo tale da rientrare per
molti aspetti in quest’ordine di idee. E pensare che, nel
1767, Jean Jacques Rousseau scriveva nel suo Dictionnaire de Musique
che Durante doveva essere considerato "le plus grande harmoniste
d’Italie, c’est-a-dir du monde".Al contrario il
disinteresse della musicologia nei suoi confronti è evidente
e il silenzio intorno alla sua vasta produzione musicale che predilesse
sommamente i generi vocale e strumentale e ignorò il teatro
d’opera è, a dir poco, imbarazzante.
La recente pubblicazione in edizione moderna del Miserere a cinque
voci e basso continuo (1754) a cura di chi scrive (Edizioni Suvini
Zerboni di Milano) e ora la prima registrazione discografica a cura
della Corale Polifonica di Sommariva Bosco, vogliono porsi come
un fattivo contributo alla conoscenza dell’arte di Francesco
Durante, non a caso ritenuta somma al tempo in cui egli visse è
oggi quasi del tutto negletta. Francesco Durante ben riflette nella
sua arte l’ambiente culturale in cui operò, coniugando
in una sintesi davvero mirabile, gli stilemi della tradizione musicale
napoletana con i modelli compositivi di derivazione europea, soprattutto
sul versante della produzione sacra è strumentale di cui
fu, non a caso, figura rappresentativa fra le più eccelse.
Settimo di undici figli di Orsola Capasso e Gaetano Durante, Francesco
Durante nacque a Frattamaggiore (Aversa) il 31 marzo 1684. Suo padre,
un pettinatore di lana, prestava anche servizio come sagrestano
è cantore presso la chiesa parrocchiale di S. Sosio a Frattamaggiore.
Non si sa che istruzione abbia ricevuto il piccolo Francesco fino
al 1699, anno della morte del padre. Dopo questa data egli si trasferì
a Napoli presso lo zio Angelo Durante è venne accolto come
convittore presso il Conservatorio di San Onofrio. Qui, oltre a
seguire le lezioni di contrappunto e composizione dello zio, studio
anche violino con Gaetano Francone. La sua permanenza al San Onofrio
è comunque attestata fino al 1705. Ancora avari di notizie
sono gli anni che vanno da questo periodo al 1628, quando venne
nominato primo maestro del Conservatorio dei Poveri di Gesù
di Napoli. A prestare fede a una lettera di Girolamo Chiti, maestro
di cappella in San Giovanni in Laterano, indirizzata a padre Martini,
Durante avrebbe vissuto per qualche tempo a Roma è sarebbe
stato "scolaro di Pitoni" e, forse, anche di Bernardo
Pasquini. A rendere, se non certo almeno plausibile, un contatto
di Durante con l’ambiente musicale romano potrebbe essere
l'attività compositiva del musicista napoletano da questo
momento in poi polarizzata fra due generi - quello della musica
sacra e quello della musica strumentale - non certo i repertori
musicali più "alla moda" in quegli anni. Era infatti
1’opera in musica, il melodramma, il genere di maggior successo,
quello assiduamente praticato dai compositori coevi, al quale essi
affidavano la loro fama e il loro successo. Nel periodo anteriore
al 1728 le sue tracce si perdono ancora; testimonianze settecentesche
fanno presumere ch’egli abbia fatto ritorno per qualche tempo
a Roma e che si sia anche recato in Austria e in Sassonia. Bisogna
dunque attendere il 1728 per trovare altre notizie documentate sulla
sua vita. All’ottobre di quell’anno risale infatti la
nomina a primo maestro presso il Conservatorio dei Poveri di Gesù
Cristo, in sostituzione del cembalista Gaetano Greco, molto avanti
negli anni; mentre nello stesso periodo compone i "cori"
per la tragedia Flavio Valente del duca Annibale Marchese (Napoli
1729).
L’assunzione del nuovo incarico al Conservatorio dei Poveri
contribuì senza dubbio a incrementare il prestigio di Durante
nell’ambiente culturale napoletano. Da questo momento infatti
numerose sue opere ci sono pervenute con indicata anche la data
di composizione; fatto questo assai importante ai fini della esatta
collocazione temporale dell’opera del Maestro. Cosi possiamo
sapere che le celebri Sonate per cembalo divisi [sic] in studi e
divertimenti, furono dedicate al marchese di San Giorgio e date
alle stampe nel 1732; che il Requiem in sol minore risale al 27
novembre 1738 e che la Missa in Palestrina e del 1739. Non si conoscono
le ragioni per le quali, nel settembre 1739, dopo dieci anni ininterrotti
di servizio, egli lascio l’insegnamento presso il Conservatorio
dei Poveri. Sempre avare di notizie le fonti documentarie relative
a questo periodo. Non si conosce più nulla di lui nel triennio
successivo all’abbandono dell’incarico al Conservatorio
dei Poveri di Gesù Cristo e i11742, anno in cui venne chiamato
al Conservatorio di S. Maria di Loreto per succedere nel posto di
primo maestro, lasciato vacante da Nicola Porpora, nel frattempo
trasferitosi a Venezia per dirigere il Coro dell’Ospedaletto
dei SS. Giovanni e Paolo.
Anche il posto di secondo maestro
si era reso nel frattempo vacante con la morte di Giovanni Veneziano
(13 aprile 1742). 11 25 aprile di quell’anno i governatori
del S. Maria di Loreto nominarono Durante primo maestro e Pietro
Antonio Gallo, suo assistente, nelle funzioni di secondo maestro,
"ufficio retribuito in quei tempi col meschino soldo mensile
di ducati dieci". Per merito suo questo Conservatorio riguadagno
tosto quel prestigio e quella importanza fra le istituzioni musicali
cittadine che sotto la guida di Porpora si erano andate un po’
offuscando. La qualità dell’insegnamento impartito
al Conservatorio di S. Maria di Loreto nei tredici anni in cui ne
ebbe la responsabilità didattica Francesco Durante fu sicuramente
di primissimo livello. Lo testimonia la nutrita schiera di allievi
(in seguito nomi illustri della vita musicale napoletana e non soltanto
di quella) che in questa scuola ebbero modo di portare a maturazione
la loro preparazione musicale e artistica. Meritano di essere ricordati
i nomi di Pasquale Anfossi, Tommaso Traetta, Pietro Guglielmi, Alessandro
Speranza, Antonio Sacchini e Fedele Fenaroli. Resosi vacante il
posto di primo maestro al S. Onofrio, in seguito alla morte di Leonardo
Leo (31 ottobre 1744) che nel 1739 era succeduto a Francesco Feo,
il sessantunenne Maestro di Frattamaggiore concorse anche per questo
incarico, che gli venne assegnato con delibera governativa l’1
gennaio 1745.
Non pago del prestigio e della posizione assunti nella vita musicale
napoletana egli tento anche di ottenere il posto di primo maestro,
già del Leo, presso la Cappella reale. A questa carica si
accedeva per concorso. Insieme con Durante, vi presero parte Giuseppe
de Majo, Giuseppe Marchitti, Nicola Sala e altri ancora. La commissione
esaminatrice era formata da Giovanni Battista Costanzi (Roma), Giacomo
Antonio Perti (Bologna), Niccolò Jommelli e Johann Adolph
Hasse (Venezia). L’esame ebbe luogo il 21 aprile 1745. La
prova effettuata da Durante consistette nell’elaborazione,
sopra un cantus firmus tratto dall’Introito Protexisti me
Deus della "Messa di un Martire" (Tempo pasquale), di
un mottetto a cinque voci (SSATB) in severo stylus antiquus. Nonostante
il parere favorevole espresso da Jommelli, che per questo lavoro
parlo di uno "stile proprio per la Chiesa e moderno; bene espresso,
armonioso e artificioso", il posto venne assegnato a Giuseppe
de Majo, già vice-maestro della Cappella reale. Durante conservo
comunque gli incarichi di primo maestro presso i Conservatori di
S. Maria di Loreto e di S. Onofrio, dedicando d’ora in avanti
tutte le sue energie creative alla composizione religiosa e all’insegnamento.
Non a caso, vent’anni dopo la sua morte, l’illustre
storico inglese Charles Burney poteva osservare che le sue "messe
e i suoi mottetti erano ancora usati dagli studenti dei conservatori
di Napoli come modelli di scrittura e condotta delle parti".
Francesco Durante si spegneva a Napoli il 30settembre 1755, circondato
dalla stima e dalla venerazione di tutti. La sua fama aveva ormai
superato i confini del regno napoletano e quelli italiani per assumere
risonanza internazionale, come bene attestano i numerosi manoscritti
delle sue musiche custoditi nelle principali biblioteche d’Europa.
II Miserere a cinque voci, composto
nel 1754, un anno prima della morte dell’autore, la chiesa
di San Nicolò di Bari, e una partitura di gran classe, dal
robusto contrappunto e piena di grazia, di cantabilità, di
incontenibile lirismo. Non ci sono note le circostanze che spinsero
Durante a dedicare questa composizione alla chiesa del patrono di
Bari, non trattandosi di una composizione destinata a fini votivi
ma al servizio liturgico della Settimana santa. Il testo letterario
del Miserere e il salmo L. Quarto dei sette salmi penitenziali attribuiti
a Davide, re d’Israele, e il capolavoro della letteratura
sapienziale della Bibbia. I sentimenti espressi nei suoi versetti
hanno un significato universale. Forse per questa ragione, oltre
che per quelle meramente liturgiche, il salmo L suscito nei musicisti
di ogni epoca un interesse grandissimo. Nella liturgia cattolica
romana viene intonato alle Laudi dell’Uffcio dei Defunti e,
durante la Settimana Santa, al termine di ciascun giorno dell’Ufficio
delle Tenebre. Il primo verso "Miserere mei, Deus" e il
"Gloria Patri" si trovano anche nell’antifona Asperges
me che si canta durante la "Messa della Domenica", fatta
eccezione per il Tempo pasquale.
Nell’interpretazione del testo devozionale del Miserere, Durante
fa ricorso a schemi formali e tecniche di scrittura differenziate
fra loro ma che possono essere facilmente ricondotte ai classici
modelli dello stylus ecclesiasticus in voga nella seconda meta del
secolo XVIII, cioè a dire lo stylus antiquus/modernus o lo
stylus gravis/luxurians.La scelta dell’uno o dell’altro
dei due stili e vincolata dalla intonazione espressiva della parola
e dalla ricerca del più pertinente figuralismo affettivo
destinato musicalmente a rappresentarla. Non a caso il ricorso a
segnature di tempo che oscillano fra Lento, Largo, un poco Andante
e Andante, e dunque con esclusione di tempi agogicamente vivaci,
va considerata in funzione di questo preciso orientamento stilistico.
Non va infatti dimenticato che per i musicisti del Settecento le
indicazioni di movimento possedevano un significato assai diverso
da quello attuale. In linea generale, queste didascalie esprimevano
stati d’animo, natura di sentimenti, emozioni psicologiche
piuttosto che rigide sequenze temporali. Era dunque il testo poetico
a suggerire la giusta cadenza agogica e nient’altro.
La scelta del movimento più pertinente da imprimere agli
episodi musicali (e nel Miserere di Durante sono numerosi) derivava
di volta in volta dal contesto musicale in quanto riproduzione dei
sentimenti, descrizione di conflitti, illustrazione di eventi emotivi,
mai rappresentati in logica successione ma con la simultaneità
e la molteplicità di tutte le innumerevoli, sfaccettate componenti
del poliedrico gusto barocco. Di grande suggestione emotiva e 1’inizio
del brano. Durante frange il quintetto vocale in due parti e, attraverso
un sapiente gioco di ritardi su armonie dissonanti che si distendono
in concise progressioni, bene descrive la condizione psicologica
del peccatore che si rivolge a Dio per averne misericordia. Più
avanti, egli rifugge dall’automatica equivalenza del verso
poetico con il periodo musicale e cerca di ottenere la massima fluidità
prosodica che favorisca lo scorrere del discorso musicale attraverso
1’incastonamento degli episodi gli uni negli altri e la drammatizzazione
musicale del testo salmodico (Amplius lava me, quoniam iniquitatem).
Il sapido gioco fra Soli (Concertino) e Tutti (Ripieno) sulle parole
Tibi soli peccavi, di evidente derivazione strumentale, e un topos
figuralistico da manuale: il duo dei Soprani sopra un brioso "basso
albertino"conferisce emblematica icasticità alla recitazione
musicale delle parole.
I versetti Auditui meo e Averte faciem tuam, rispettivamente per
due Soprani e Contralto-Tenore, di struttura ariosa, sono esempi
insigni di imitazione espressiva della parola. La condotta delle
due voci, all’esordio in imitazione alternata e poi procedenti
per moto parallelo, riconduce al modello del duetto da camera tardo
barocco, di cui Durante fu uno dei più assidui frequentatori.
E in questa scelta emerge una delle caratteristiche peculiari della
personalità di Durante: 1’idea di una ideale osmosi
dell’antico con il moderno, "il recupero attualizzante
degli aspetti più insigni della tradizione, filtrata al vaglio
di un nuovo ideale estetico, ma tuttavia conservata nei suoi elementi
più validi" (Degrada).Qui l’arte di conferire
alla parola traslata in musica il massimo vigore espressivo, trova
nel musicista partenopeo un interprete formidabile; la sua fantasia
immaginifica, eccitata dalla poesia davidica, realizza un quadro
musicale degno della migliore gestualità teatrale. Nella
poesia che si fa musica attraverso il suono della lingua e nella
musica che si popola di figure poetiche, pulsa una vita a cui non
sono imposti confini né di tempo né di spazio: vi
si riconosce una cifra estetica semplicemente universale.
Ma dove i tratti caratteristici dello
stylus ecclesiasticus del Nostro si fanno ancor più appariscenti
e nella scrittura omofonica delle sezioni conclusive del Miserere
(Ne proycias me, Libera me, Quoniam si voluisses, Sacrificium).Un’omofonia,
si badi bene, niente affatto statica e servilmente armonica. Al
contrario, pulsano in essa le tensioni causate da irti passaggi
dissonanti oppure da brevi episodi imitativi dalla spiccata fisionomia
cromatica. Davvero qui la sintassi armonica di Francesco Durante
si fa impegnativa, ricca di un vocabolario inedito e modernissimo,
in cui già pulsano i segni anticipatori del Classicismo.
A un "ductus" stilistico più convenzionale ma non
per questo ingombro di significati, ci riconducono gli ultimi due
episodi (Benigne fac, Domine e Tunc imponent), quelli in cui il
Maestro di Frattamaggiore maggiormente indulge all’elaborazione
imitativa ovvero fugata delle voci. E qui il catalogo degli artifici
contrappuntistici da lui impiegati si fa davvero vasto e impegnativo.
Il repertorio del contrappunto vocale tradizionale fatto di passaggi
imitati e fughe, nelle esperte mani di Durante perde qualsiasi riflesso
di esercizio accademico e si trasforma in veicolo espressivo di
forte tensione emotiva.
La sua scrittura contrappuntistica, lungi dall’assecondare
qualsiasi tentazione manieristica, e al totale servizio della forza
comunicativa della parola e della realizzazione di "figure"
musicali finalizzate alla sua migliore interpretazione. Si osservi
invece con quale sicurezza e padronanza dello stylus gravis egli
realizzi questi due episodi conclusivi. Qui davvero l’"ars
subtilior" del Nostro ha modo di manifestarsi in tutta la sua
evidenza e il suo più profondo significato. Di ciò
doveva essere cosciente anche Francesco Florimo, quando un secolo
fa scriveva che "le sue fughe cominciano con un soggetto facile
ed aperto, che molte volte sembra un canto di poca o di niuna importanza,
ma inoltrandosi nel componimento, cioè nei rivolti, nelle
imitazioni, nelle stretti e particolarmente nelle fughe a due soggetti,
contro soggetti ecc., si rimane incantati e si vorrebbe che non
finissero mai".
Ma la pur attrezzata officina compositiva del musicista napoletano
risulterebbe ben poca cosa se non fosse costantemente arricchita
del messaggio etico e spirituale che la sua musica e, in particolare
questa del suo commovente Miserere, ci trasmette. Essa infatti ci
ricorda ancora una volta e in maniera perentoria, come il compito
dell’arte, soprattutto quando essa e al servizio della parola
di Dio, non sia semplicemente quello di ornare la verità
ma di parteciparne fin nelle sue latebre più profonde. Anche di Domenico Scarlatti (Napoli,
26 ottobre 1685; Madrid, 23 luglio 1757), sesto figlio del celebre
Alessandro, fondatore e rappresentante illustre della "Scuola
napoletana", nulla sappiamo circa la formazione musicale e
gli anni antecedenti 1’incarico di organista e compositore
presso la Cappella reale di Napoli (1701). Nel 1702 segui il padre
a Roma e a Firenze; tre anni dopo si reco a Venezia dove strinse
amicizia con Francesco Gasparini, maestro di musica dell’ospedale
della Pietà e Antonio Vivaldi. Risalgono a questi anni due
incontri memorabili: quello con Georg Friedrich Händel e con
1’organista inglese Thomas Roseingrave, entrambi protagonisti
di memorabili sfide con il Nostro al clavicembalo e all’organo.
Tra il 1709 e il 1719 Domenico soggiornò a Roma: prima come
maestro di cappella della regina Maria Casimira di Polonia, per
il cui teatro compose un considerevole numero di opere su libretto
di Carlo S. Capeci, "segretario della regina" e con gli
apporti scenografici del grande architetto messinese Filippo Juvarra;
dal 1715, come successore di Tommaso Baj alla guida della Cappella
Giulia, la più prestigiosa istituzione musicale religiosa
dopo la Cappella Sistina. Egli mantenne questo incarico fino al
1719. Risalgono a questo periodo alcune sue importanti composizioni
di musica sacra, tra le quali non si possono non nominare una Messa
con Ripieno a 8 voci in la minore, alcuni Miserere a 4 e a 8 voci,
lo straordinario Stabat Mater a 10 voci e anche il Magnificat per
4 voci e basso continuo e l’antifona Salve Regina per soprano,
alto e basso continuo, che fanno parte di questo disco.
Se si presta fede ad una annotazione registrata nei Diari vaticani,
dopo il settembre 1719, Domenico avrebbe lasciato 1’incarico
presso la Cappella Giulia e si sarebbe trasferito in Inghilterra.
Il condizionale è d’obbligo, perché fino ad
oggi nulla sappiamo intorno a questo viaggio, né ci sono
pervenute fonti che attestino la presenza del Maestro oltre Manica.
Soltanto dopo il settembre del 1720 la biografia di Domenico ridiventa
documentabile, quando cioè egli venne nominato maestro della
cappella reale di Joao V, presso la corte di Lisbona. Oltre alle
mansioni imposte dal nuovo incarico, il musicista napoletano si
occupo personalmente dell’educazione musicale dell’infanta
Maria Barbara, a quel che si dice, clavicembalista di straordinario
talento e, con ogni probabilità, destinataria dei 555 Esercizi
per Gravicembalo che egli compose durante questo periodo. Il Te
Deum a 8 voci in due cori risale a questi anni. Come si legge nella
"Gazeta di Lisboa" dell’1 gennaio 1722, durante
la celebrazione dell’Ufficio di ringraziamento, nella chiesa
di Sao Roque, la sera del 31dicembre1721, "venne intonato 1’inno
TeDeum laudamus, elegantemente composto e distribuito tra vari cori
del famoso Domingo Scarlatti. La chiesa era decorata in maniera
sontuosa e illuminata da una miriade di candele. I musici erano
seduti su tribune triangolari rialzate da terra e riccamente addobbate".
Andata in sposa Maria Barbara all’infante Ferdinando, secondogenito
di Filippo V di Spagna, Scarlatti segui la futura regina presso
la corte spagnola di Siviglia e poi presso quella di Madrid, dove
egli mori il 23 luglio 1757, circondato dalla stima e dalla venerazione
di tutti.
I tre mottetti di Domenico Scarlatti
raccolti in questo CD e volutamente posti a fianco del Miserere
di Francesco Durante, sono un significativo esempio di quella armoniosa
sintesi stilistica operata dal musicista napoletana sul versante
della produzione sacra e che si identifica nella sapiente fusione
fra sapienza contrappuntistica e invenzione armonica. E se nel Te
Deum e nel Magnificat prevale una tecnica di scrittura contrappuntistica
assai elaborata e sempre tesa a far progredire il discorso musicale
per linee di pura orizzontalità, sia pure alimentate da un
fantasioso e ricco basso continuo; nel Salve Regina lo "stile
sodo alla Palestrina" cede il passo all’espandersi di
profili melodici più definiti, di progressioni per terze
di chiara eco strumentale, di repentini quanto sorprendenti passaggi
modulanti, di ardite combinazioni armoniche che lasciano comprendere
come anche nel versante sacro 1’arte del Nostro sia geniale
e fantasiosa e per nulla inferiore a quella espressa nelle sue più
note pagine per tastiera.
Resta comunque da osservare come le composizioni musicali di Francesco
Durante e di Domenico Scarlatti raccolte in questo CD, oltre a rappresentare
un’occasione di ascolto preziosa, offrano non pochi motivi
di approfondimento intorno ad uno fra i più significativi
periodi della storia della musica occidentale: il Barocco ovvero
la categoria estetica e storiografica più difficile da delimitare
ma anche quella in cui si realizzano le metamorfosi di stile, di
forma, di linguaggio, più radicali. Di questi mutamenti i
nostri due musicisti sono interpreti sensibilissimi e protagonisti
indiscussi, perché con la loro arte hanno saputo penetrare
nel profondo dell’essenza musicale e trasformarla; hanno saputo
ricreare di continuo 1’immagine sonora perseguita incastonandola
in costruzioni musicali salde e definite e nelle quali la fantasia,
"scherzo ingegnoso dell’arte", domina incontrastata.
E questo disco ne e vivida quando perentoria testimonianza.